"E io pago."

 Totò


Gia', ma come? Abito a Kairouan, Tunisia, e ho ordinato elettronicamente una maglietta da una ditta di Urbana, Il, Usa. Sul monitor il prezzo mi e' comparso direttamente in dinari: il cambio automatico della moneta non e' un problema. In fondo questo e' un computer. Ma poi, arrivando al dunque?

Riguardo ai pagamenti, siamo tutti arretrati. Assegno, pagamento alla consegna previa conferma via e-mail, oppure carta di credito. In quest'ultimo caso, prima di poter battere i numeri sulla tastiera, si aprira' una bella finestra che mi dice:......

Infatti, la mia privacy e' in pericolo. Qualcuno potrebbe appropriarsi del mio numero di carta di credito e utilizzarlo per scopi poco simpatici. C'e' una soluzione per transazioni globali piu' adeguate a un mercato on line?





Sembra che ci sia un insopprimibile bisogno di moneta elettronica sull'Internet. Moneta sicura, garantita, esente da rischi di falsificazioni e di rapine. Serve insomma l'accredito automatico, il trasferimento elettronico dei fondi. Questa e' un'attivita' che le banche gia' compiono da decenni, reciprocamente riconoscendosi il dare e l'avere; sono soltanto i loro utenti che vengono penalizzati con i giorni di valuta, come se gli assegni da Milano a Pavia (fuori piazza) viaggiassero a dorso di mulo. Per non dire dei trilioni (migliaia di miliardi) di dollari che vorticano tra le piazze finanziarie del mondo: apparentemente immateriali, ma tali comunque da determinare le politiche, i livelli di vita, le pensioni e i salari delle persone. Per tutte queste attivita' esistono da tempo super computer e reti specializzate, a prova di scasso e di crash.
Qui si sta parlando invece delle minute transazioni (ma globali, milioni di volte al giorno) che su Internet e affini potrebbero svolgersi e che ri chiedono che quei 9.99 dollari siano immediatamente versati al destinatario a colpo di clic. ´A meno che Internet non abbracci il commercio, corre il rischio di fare la stessa fine della radio CB. Se le aziende non fanno soldi, non aggiungeranno valori ai servizi e il tutto non funzionera', ha dichiarato Lee Stein, l'avvocato californiano che ha fondato la First Virtual Bank, con l'ambizione di farne una vera banca elettronica.
Dunque avverra', non c'e' dubbio che avverra', anche se nella fase iniziale i servizi online che vendono merci sulla rete (AOL, Compu serve, per non dire della nostrana Italia Online) hanno fatto affari assai magri: il popolo telematico per ora preferisce chiacchiere e interazioni anziche' shopping. Forse a ragione. Ma come avverra' e con quali sistemi universalmente diffusi e accettati nessuno lo sa. Emergono tuttavia due tendenze, filosoficamente contrapposte. Val la pena di capirle.

Come il Bancomat

La prima ipotesi, favorita dalle banche e dai governi, non e' altro che un'estensione alle reti di computer del sistema attuale delle carte di credito. In sostanza basterebbe stabilire una volta per tutte un bell'ac cordo internazionale, con il quale si sceglie un sistema di crittografia sicuro e robusto che tutti adotteranno, i venditori come i compratori. Allora ci si potra' fidare a immettere il numero della propria carta sul terminale, sapendo che esso viaggera' sicuro fino a destinazione.
Va in questa direzione l'accordo del 9 novembre 1994 tra Microsoft e Visa. Lo svantaggio e' che soltanto chi ha una carta plastificata puo' comprare, gli altri no. E poi c'e' un'altra perplessita' di fondo: in questo modo si dilata a dismisura quella gigantesca schedatura dei gusti e dei consumi delle persone che le grandi aziende di televendita gia' stanno realizzando. Si e' gia' descritto come l'incrocio infinito dei piu' svariati database elettronici consenta ormai di spogliare ogni singolo cittadino di ogni riservatezza.
Nell'attesa dello standard universale, la First Virtual Bank ha messo a punto e sta sperimentando il suo sistema: sia venditore che compratore hanno un conto in banca. Quando il compratore sceglie un prodotto, da' il suo numero di codice al venditore, autorizzandolo a farsi accreditare l'importo. La banca, a sua volta, manda un messaggio elettronico al compratore chiedendogli conferma dell'acquisto effettuato; in caso positivo la somma viene trasferita. Non c'e' dubbio che, per quanto rapida sia la messaggeria elettronica, questo resti un modo complicato e tortuoso di far la spesa.

Come le banconote

Il bello della moneta fisica invece e' la sua praticita': ogni biglietto e' coperto dalla banca nazionale di emissione e percio' accettato da tutti. Non solo: si puo' usarlo senza dover dichiarare a nessuno nome, cognome e residenza. Meno che mai il numero del conto corrente bancario. Come mantenere queste innegabili virtu' dell'anonimato anche nella grande rete?
Lo schema proposto dalla Digicash di Amsterdam va in questa direzione e utilizza il sistema della doppia chiave pubblica-privata. Il fondatore e proprietario di questa piccola azienda e' David Chaum, professore di informatica a Stanford.
Il modello di Chaum e' di tutti il piu' avveniristico e interessante: si basa infatti su di una vera e propria circolazione di moneta elettronica, dove ogni banconota altro non e' che un numero opportunamente generato e unico (cosi' come unica e' ogni banconota emessa da una banca centrale). Il sistema della doppia chiave permette, nella versione piu' semplice, di controllare l'autenticita' della banconota, ed e' descritto nella figura a fianco. Nella formulazione piu' spinta, attraverso una serie di passaggi tecnici qui troppo complicati da descrivere, garantisce anche il totale anonimato: in questo modo ne' gli uffici di marketing, ne' i governi intriganti possono sapere se uno ha acquistato condom o bibbie.
Un tentativo di truffa puo' consistere nel cercare di spendere due volte la stessa banconota. Solo in questo caso l'anonimato viene rotto: si aprono gli archivi della banca e si va a vedere chi ha "spacciato" quella banconota.

I problemi della moneta elettronica, su rete, non finiscono pero' con la sicurezza e la riservatezza. Risolti quelli, ne emergeranno altri piu' di fondo, magari piu' drammatici. Alcuni sono gia' ben identificabili, altri sono del tutto avveniristici, ma potrebbero tuttavia essere dietro l'an golo.
Se la rete e' globale, altrettanto senza confini sara' il denaro che vi circola: allora come far pagare le tasse per gli incassi su Internet, e dove, in quale paese? Nello schema "carta di credito", con transazioni sempre registrate, tutto e' regolare; anzi, nessun pagamento sfuggira' agli uffici delle imposte. Ma nel caso della moneta elettronica tipo Digicash (che garantisce la privacy dei cittadini - e questo e' un valore). Rintracciare gli scambi e riscuotere l'Iva sara' un bel problema.
Non solo: si ripropone la vecchia questione delle monete, nella sua forma piu' pura e astratta. La moneta da un lato serve come mezzo di scambio, al posto del baratto tra le merci. E da questo punto di vista la e-money offre il massimo dei vantaggi, quanto a facilita' e rapidita' di circolazione. Dall'altro canto pero' le monete sono depositarie di un valore. O perche' valgono esse stesse, essendo fatte di materiali preziosi, o perche' un istituto di emissione ne garantisce la convertibilita' e, grazie ad essa, ognuno e' disposto a fornire beni materiali in cambio di pezzi di carta.
Dunque anche l'e-money - elettronica e impalpabile - dovra' verosimilmente avere un corrispettivo in un qualche deposito di moneta fisica, presso qualche banca. O, viceversa: a ogni unita' di moneta reale corrisponde un "alias" nel mondo digitale. In questo caso un attivo in e-money non potra' fruttare interessi perche' quelli che guadagnerebbe sono persi dal contante reale che la sostiene, che e' immobilizzato.
Non dovrebbe essere possibile pero' il prestito solo digitale, perche' questo aumenterebbe il circolante di moneta elettronica senza pero' incrementare, in corrispondenza, la quantita' di moneta reale; in tal caso andrebbe a pallino la convertibilita'.
Non e' detto che alle banche faccia tanto piacere. Rischiano di essere costrette a accreditare e validare la moneta elettronica senza poterci guadagnare sopra. Certo potrebbero sempre caricare sui clienti una certa quota di servizio per la conversione carta-bit e viceversa, ma sa rebbe inevitabilmente poca cosa, vista la rapidita' e l'automatismo delle operazioni, tutte fatte dai computer, e la concorrenza relativa tra istituti bancari.
Ma ci si puo' spingere ancora piu' in la': magari il dogma della convertibilita' potrebbe essere definitivamente abbandonato, anche a opera di privati cittadini o di organizzazioni. Per esempio John Blutarsky potrebbe decidere, insieme a una sottopopolazione di softwaristi di Internet, di commerciare in una moneta convenzionale di rete, chiamata l'hacker.
Vuoi il mio ultimo programma per leggere e smistare la posta elettronica? Vale 27 hacker, cioe' tre volte il tuo giochino da 9 hacker che e' l'ennesima variante di Tetris. Sarebbe un e-cash senza uno stato di appartenenza (o, se si preferisce, una moneta di tutti gli stati), infinitamente scambiabile senza le spese e gli inconvenienti legati al passaggio da una valuta all'altra. Perche' no? In fondo non sarebbe come le conchiglie con cui si fanno gli acquisti in certi villaggi turistici? Molte comunita' virtuali potrebbero finire per battere la loro moneta.
Allora per i commerci tra una comunita' e un'altra si dovrebbero stabilire dei fattori di scambio. Magari la comunita' Blutarsky vale di piu' di quella di Joe Condor. Oppure i valori fluttuano, come fluttuavano nel secolo scorso in America le diverse monete emesse dalle diverse banche. Una bella confusione. Ma forse anche un vantaggio: Chaum della Digicash, violentemente proiettato nel futuro cyber, vede con favore l'emergere della moneta elettronica di rete. Finche' uno la utilizza dentro Internet non deve ricorrere a tutte le fastidiose e costose conversioni nelle valute dei diversi stati, a seconda di dove fa acquisti. Solo quando ha bisogno di contante fisico la cambiera'. Ma potrebbe succedere di rado, o anche mai, se le attivita' commerciali sui network continueranno a crescere.