Transdisciplinarità e sfide globali
Giorgio Gallo

    Ormai da diversi anni nel mondo accademico internazionale sono entrati nell'uso comune i termini "interdisciplinarità" e "transdiciplinarità" (1), e questo sia a livello di ricerca che di didattica. L'enfasi sulla interdisciplinarità è ormai un luogo comune nella ricerca; ad esempio molti bandi a livello europeo la considerano un fattore preferenziale. L'Accademia Svizzera per le Scienze, in collaborazione con altre istituzioni scientifiche europee, ha costituito un "Network for Transdisciplinarity in Sciences and Humanities", istituendo un premio che serva ad incoraggiare ricerche transdisciplinari, e tenendo aggiornato un database di riviste scientifiche orientate alla transdisciplinarità che ad oggi contiene 500 titoli. L'Università di Stoccolma ha appena ricevuto un finanziamento di 22 milioni di Euro per istituire un "Transdisciplinary Research Institute". Ma significativo è anche il riferimento alla interdisciplinarità in diversi programmi didattici. Curricula centrati sulla interdisciplinarità sono offerti ormai da tempo da diverse università nel mondo; ad esempio la School for Interdisciplinary Studies della Miami University in Ohio ha una lunga tradizione risalente agli inizi degli anni '70 (2). Ad una forte interdisciplinarità si ispirano anche alcuni dei corsi interfacoltà dell'Università di Pisa.

    La suddivisione del sapere in discipline nettamente separate è un fatto abbastanza recente nella storia della scienza, che ha finito con assumere delle forme a volte eccessive. La specializzazione è certamente il portato dello sviluppo e dell'approfondimento delle conoscenze, e della necessità di usare strumenti di indagine sempre più sofisticati. Ma è anche il portato di dinamiche interne di autoaffermazione e di crescita (anche in termini di potere) delle diverse aree scientifiche (3). In realtà contatti e 'ibridazioni' fra le diverse discipline ci sono sempre stati ed in alcuni casi hanno portato alla nascita di nuove discipline. La biochimica, l'informatica e le neuroscienze sono solo tre dei tanti esempi che potremmo citare. Nell'ambito dell'informatica è particolarmente significativo il caso dell'intelligenza artificiale. Fra i suoi fondatori si cita Herbert H. Simon, personalità difficilmente rinchiudibile negli angusti spazi di una disciplina: oltre che nell'area dell'intelligenza artificiale, ha dato contributi rilevanti nell'area delle scienze gestionali, ha ottenuto il premio Nobel per l'economia, ed ha fatto una breve apparizione anche nell'area della Ricerca Operativa quando questa disciplina stava nascendo.

    L'idea della interdisciplinarità nasce dalla osservazione che i problemi reali non sono molto spesso separabili secondo le linee di confine fra le diverse discipline. Se in alcuni casi, come già osservato, ciò porta alla nascita di nuove discipline, in diversi casi risulta essenziale il mantenere e consolidare un approccio interdisciplinare/transdisciplinare di tipo sistemico. Usando le parole del  premio Nobel Ilya Prigogine, possiamo dire che «nel 19º secolo la frammentazione ha svolto un importante ruolo nella nascita di discipline separate per la biologia, la chimica, la fisica, la matematica, la psicologia, la sociologia, etc. Ma quando consideriamo le grandi sfide che l'umanità ha oggi di fronte a sé, noi ci accorgiamo che abbiamo bisogno di un approccio interdisciplinare. Pertanto in questo momento storico, io credo che sia veramente molto importante enfatizzare la fine della frammentazione, o almeno il suo superamento» (4)

    Le parole di Prigogine citate prima sottolineano l'importanza particolare che ha oggi l'interdisciplinarità. Il mondo oggi si trova di fronte a sfide nuove e di portata globale, nel senso del tempo, dello spazio, ma anche per il loro coinvolgere tutti gli aspetti della vita e per la necessità di fare ricorso a tutte le conoscenze ed i saperi che l'umanità è andata sviluppando nel corso dei secoli. Queste sfide sono di fronte agli occhi di tutti, anche se appaiono trascurate o dimenticate quando si tratta di definire attraverso scelte concrete l'agenda politica a livello nazionale ed internazionale. Esamineremo brevemente nel seguito le principali fra queste sfide e svilupperemo alcune considerazioni sulle loro implicazioni.

    Pace e Sostenibilità, è questo il titolo sintetico sotto cui possiamo porre le sfide che l'umanità si trova oggi davanti. Come costruire una società fondata sui principi di libertà, giustizia e democrazia, di tolleranza e solidarietà? Una società che rifiuti la violenza, cerchi di prevenire i conflitti all'origine e di risolvere i problemi attraverso il dialogo ed il negoziato? Infine, una società che assicuri a tutti il pieno godimento di tutti i diritti e dei mezzi per partecipare pienamente al suo sviluppo? (5) Come far sì che questa società possa sostenersi nel tempo? Quale rapporto avere con la natura, cioè con quel sistema di ecosistemi del quale facciamo parte? Quale è il ruolo della scienza e della tecnologia in tutto ciò? A queste domande fanno capo un insieme di problemi specifici e concreti, che rappresentano il modo attraverso cui le sfide di cui abbiamo detto ci si presentano. Ne elenchiamo i principali: i problemi ambientali ed in particolare gli effetti del riscaldamento globale, i vari conflitti a livello locale, regionale, e globale, la povertà e lo sviluppo, le grandi migrazioni, la sicurezza.

    Queste sfide richiedono una risposta innovativa e non convenzionale. Le diverse conoscenze ed i molteplici saperi che l'umanità è andata sviluppando nel corso della sua storia sono tutti essenziali, ma vanno collocati in un approccio nuovo. È necessario un vero e proprio cambiamento di paradigma.  Per potere sviluppare meglio questo tema, riprendiamo più in dettaglio alcune delle sfide di cui abbiamo detto.

    Riscaldamento globale e cambiamenti climatici. È della fine dello scorso anno la pubblicazione del rapporto Stern elaborato su incarico del governo inglese (6). Vi si afferma che «il cambiamento climatico rappresenta una sfida unica per le scienze economiche: è il fallimento del mercato maggiore e di più ampia portata fra quelli finora visti. L'analisi economica deve pertanto essere globale, avere un orizzonte di lungo periodo, porre al centro l'economia del rischio e dell'incertezza, e valutare la possibilità di cambiamenti di grosso respiro, non marginali». Il rapporto valuta in un importo fra il 5% ed il 20% la riduzione nel benessere medio, espresso in consumi per persona, dovuto al riscaldamento globale nell'arco dei prossimi due secoli. A questo vanno aggiunti gli effetti drammatici sull'ambiente ed il radicale cambiamento della geografia umana che ne seguirà.  Per quanto focalizzato sugli aspetti economici, il rapporto si basa su studi fortemente interdisciplinari che vedono la stretta collaborazione di studiosi provenienti da aree scientifiche molto diverse, ma soprattutto la capacità di superare i confini disciplinari in  una visione sistemica di tipo globale.
Ma i cambiamenti climatici possono avere drammatiche conseguenze sulla stessa pace. In un rapporto commissionato dal Pentagono e pubblicato alla fine del 2003, si legge come «un brusco cambiamento del clima possa potenzialmente destabilizzare l'ambiente geo-politico, portando a schermaglie, battaglie ed anche a guerre» (7). Tutto ciò comporta la necessità da scelte politiche coraggiose e di grande respiro, che non possono prescindere da un approccio sistemico e radicalmente interdisciplinare.

    Le problematiche legate ai conflitti ed alla sicurezza costituiscono un'altra area estremamente complessa, nella quale confluiscono diversi aspetti, da quelli ambientali a quelli dello sviluppo e delle diseguaglianze a livello globale, da quelli degli effetti distruttivi delle tecnologie (armi di distruzione di massa) a quelli dell'emergere del terrorismo internazionale.  Già negli anni '90 il lavoro anticipatore di Thomas Homer-Dixon con il suo "Progetto su Ambiente, Popolazione e Sicurezza", presso l'università di Toronto, aveva evidenziato il ruolo dello 'stress ambientale' nell'origine di molti conflitti. Gli 'stress ambientali', con i loro enormi ed in parte imprevedibili effetti sulla vita umana costituiscono uno dei pericoli maggiori per la sicurezza e la pace. Nell'aprile del 2001, Robert Wade della London School of Economics, aveva lanciato un avvertimento: «La distribuzione globale del reddito sta diventando sempre più ineguale. Questo dovrebbe preoccuparci più di quanto non accada. ... Il risultato è una quantità di giovani disoccupati ed arrabbiati, ai quali le nuove tecnologie dell’informazione hanno fornito i mezzi per  minacciare la stabilità delle società in cui vivono, ma anche per minacciare la stabilità sociale nei paesi dell’area del benessere» (8). Questo solo pochi mesi prima dell'11 settembre.
Il rischio è che si possa pensare di affrontare questi temi e queste minacce con un approccio tecnistico e riduzionista, come accade ad esempio in diversi progetti europei di ricerca in cui sembra che la risposta ai problemi della sicurezza sia la messa a punto di nuovi e sofisticati gadget tecnologici. O come accade con lo sviluppo di nuove dottrine strategiche che non riescono a cogliere la complessità dei problemi. Anche qui una visione sistemica che attraversi le diverse discipline è indispensabile.

    Le tematiche che abbiamo molto velocemente richiamato ci suggeriscono l'importanza di un nuovo approccio che veda la realtà come un sistema complesso, il cui funzionamento non è comprensibile solamente a partire dal funzionamento delle sue parti. Ma di più, si tratta di un sistema che sfugge alle classificazioni tradizionali: non è un sistema naturale, né un sistema artificiale e neppure un sistema di attività umane. È in realtà tutto questo allo stesso tempo: un sistema in cui organizzazione umana, natura ed ambiente e tecnologia e scienza interagiscono, in modo a volte difficilmente prevedibile. Un sistema di questo tipo non può essere compreso a partire da conoscenze frammentate, ma richiede che le barriere vengano traversate in un approccio che più che interdisciplinare divenga veramente transdisciplinare. Questo non toglie valore ed importanza al ruolo delle diverse discipline, dalle scienze naturali a quelle sociali, dall'economia alla storia, dalle cosiddette scienze esatte a quelle umane. È tuttavia necessario fare crescere una nuova cultura che permetta di comprendere ed affrontare in modo critico, sia a livello tecnico che politico, una realtà sempre più complessa ed in evoluzione sempre più rapida.


(1) Per interdisciplinarità intendiamo qui la collaborazione di diverse discipline per raggiungere degli scopi comuni. La transdisciplinarità invece è quella collaborazione tra le diverse discipline che porta alla realizzazione di uno scambio ed integrazione a livello concettuale, metodologico ed epistemologico, con il risultato di un mutuo arricchimento ed in certi casi anche della nascita di nuove aree disciplinari.
(2) Un altro interessante esempio è il Bachelor of Science in Interdisciplinary Studies offerto dalla Johns Hopkins University che è basato su scienze umane, scienze naturali e sociali, matematica e comunicazione.
(3) Una interessante analisi delle origini e della razionalità delle suddivisioni disciplinari nell'area delle scienze sociali ed umane, con particolare riferimento ad Antropologia, Economia, Scienza della Politica e Sociologia è sviluppata da Immanuel Wallerstein (Alla Scoperta del Sistema Mondo, manifestolibri, 2003).
(4) Intervista pubblicata dopo la sua morte su New Perspective Quarterly, Fall 2004.
(5) Abbiamo qui parafrasato la definizione di 'cultura di pace' proposta da Federico Mayor, ex Direttore Generale dell’Unesco, nel libro Un monde noveau,
Ed. Odile Jacob, Parigi 1999
(6) Stern Review on the economics of climate change, 20 ottobre 2006, http://www.hm-treasury.gov.uk/independent_reviews/stern_review_economics_climate_change/stern_review_report.cfm
(7) Peter Schwartz e Doug Randall, An Abrupt Climate Change Scenario and Its Implications for United States National Security, Ottobre 2003
(8) Robert Wade, Winners and losers, The Economist, April 26, 2001