Recensioni dei film che ho visto al cinema nel 2016

Vincenzo Ambriola

  1. Macbeth (9 gennaio 2016)
    La storia di Macbeth, magistralmente raccontata da Shakespeare, è universalmente nota. La bramosia del potere, l'acceca mento della ragione, il delirio assassino e, infine, la morte catartica, mostrano in Macbeth l'essenza violenta e brutale dell'uomo, la sua irrefrenabile volontà di dominio e possesso. Justin Kurzil racconta Macbeth senza alcuna metafora, in presa diretta, quasi documentaristica. Volge la sua attenzione all'ambientazione, ai costumi, ai movimenti di scena. Distilla il testo originale, mantenendo la recitazione teatrale, senza semplificarlo o banalizzarlo. Bravissimo Fassbender e tutti i personaggi maschili, cupi, severi, a volte un po' tetri nelle loro maschere da guerra. Fuori luogo Marion Cotillard, incapace di trasfigurare il desiderio di onnipotenza, prima, e la consapevolezza del dramma, dopo.
  2. Revenant - Redivivo (16 gennaio 2016)
    Hugh Glass, esperto trapper e cacciatore di pellicce viene aggredito da un grizzly. Abbandonato dai compagni di avventura sopravvive alle ferite e al clima invernale del Missouri, con l'unico scopo di vendicare l'assassinio di suo figlio. Film eccezionale per l'ambientazione e per la ricostruzione delle condizioni di vita dei primi anni del diciannovesimo secolo nelle parti ancora inesplorate dell'America del Nord. Fotografia stupenda, soprattutto per l'uso della luce naturale nelle riprese esterne. Attori all'altezza della situazione, con Di Caprio sempre convincente nel ruolo di Glass, anche se per molto tempo senza l'uso della parola. Tanti punti positivi ma ... il risultato non convince appieno, per la linearità della trama, per l'incredibile resistenza fisica di Glass (mamma orsa non scherza con gli artigli, quando deve difendere i suoi piccoli orsacchiotti), per la semplicità dei dialoghi. Non convince perché Iñàrritu non dà anima alla storia, perdendosi negli stupendi paesaggi innevati, evocando lo spirito di una pawnee brutalmente assassinata che incita Glass a non cedere, a credere in se stesso e cercare la vendetta. Un ottimo film, senz'altro, ma non all'altezza dell'indimenticabile Birdman.
  3. La grande scommessa (20 gennaio 2016)
    Nel 2005 qualcuno aveva capito che stava per scoppiare una bolla speculativa legata ai mutui subprime, un'ottima occasione per far soldi sulla disonestà delle banche e la irresponsabilità di coloro che non aveva esitato a indebitarsi oltre misura. La bolla poi è veramente scoppiata e ne stiamo ancora subendo le conseguenze. Un film documentario, non facile da seguire per la materia trattata, nonostante gli sforzi per renderla comprensibile anche a chi non ha mai avuto la voglia e il tempo di approfondire gli aspetti profondi della finanza, specialmente quella creativa. I personaggi sfilano rapidamente, spesso esasperati nei loro aspetti comportamentali, come se per essere un ottimo analista finanziario sia necessario ascoltare musica rock a tutto volume o camminare scalzi in ufficio. Azzeccata l'idea di far rivolgersi direttamente al pubblico per illustrare passaggi e dettagli importanti, specialmente nel caso dei CDO sintetici descritti mediante la metafora del black jack.
  4. Steve Jobs (23 gennaio 2016)
    Tre episodi della vita di Steve Jobs, visti dal backstage dei teatri in cui sta per presentare un suo prodotto, sempre straordinariamente elegante e innovativo. Le vicende professionali di Steve Jobs sono molto complesse e per spiegarle è necessario rivangare vecchie storie oscure e poco onorevoli. Occorre anche ricostruire gli ultimi trent'anni dell'informatica, dal punto di vista del personal computer. Un'impresa non facile, soprattutto se rivolta a un pubblico digiuno di concetti tecnici e restio a seguire un ragionamento che duri più di dieci parole. Buttiamoci sul lato privato del personaggio: un bimbo adottato e rifiutato dai suoi genitori, una figlia non riconosciuta come tale la cui madre sperpera i soldi ottenuti con grande fatica, e poi i difficili rapporti con i soci (Steve Wozniak, il più vicino a Jobs). Otteniamo un film denso di tecnicismi, di dialoghi autoreferenziali, una vera apologia di un'azienda americana famosa per la chiusura e il costo esorbitante dei suoi prodotti. Ma ecco, invece che la magia e la grande maestria di Fassbender ce lo rendono piacevole questo Steve Jobs, fino al punto di farci emozionare sul finale.
  5. The Hateful Eight (5 febbraio 2016)
    Otto personaggi si incontrano nell'emporio di Minnie, mentre infuria una tempesta di neve. Sospettosi uno dell'altro si preparano a trascorrere un paio di giorni in attesa che la tempesta si calmi, per raggiungere Red Rock e incontrare il loro destino. Girato in Ultra Panavision 70, l'ottavo film di Quentin Tarantino rappresenta in maniera teatrale un'intricata vicenda di cacciatori di taglie, boia, sceriffi, generali in pensione, farabutte condannate a morte secondo un copione alla Sherlock Holmes. Come sarebbe stato più semplice risolvere il tutto con un'imboscata in vecchio stile! Ma Tarantino decide di mettere in piazza la vita, le speranze e le menzogne dei suoi personaggi, costruendo in un crescendo lento ma inesorabile, un finale incandescente, in puro stile Pulp fiction. Ecco che una lettera di Lincoln (vera o falsa?) diventa argomento di discussioni infinite sullo schiavismo, sulla razza e sulla guerra civile. Che un boia (vero o falso?) verifichi in maniera certosina l'identità e le credenziali dei cacciatori di taglie, della loro preda e dello sceriffo (vero o falso?). Che dietro tutta questa rappresentazione, questo parlare di se stessi, ci sia qualcosa di nascosto lo si inizia a intuire a metà del film, quando prevale la linea poliziesca su quella, localistica, del Far West. E così si procede fino allo svelamento della storia. Non amo i film in cui il regista spiega la trama. Mi piace immaginare e inventare la mia trama. Ma Tarantino non poteva accontentarmi, lo so, e con grande rammarico ha dovuto usare un flash back per mostrare l'architettura dell'inganno, la vera identità degli otto personaggi. Un altro capolavoro del grande maestro? Purtroppo no. Gli ingredienti ci sono tutti, gli attori sono eccezionali, la maestria non manca. Non c'è il guizzo che stupisce, il miracolo conclamato che ti fa rivedere il film prima di addormentarti, per capirne i dettagli nascosti e riprenderti dalla sorpresa. Peccato, è solo l'ottavo film di Quentin Tarantino, un grande regista.
  6. Il caso Spotlight (20 febbraio 2016)
    Un giornale di Boston, il Boston Globe per la precisione, ha un gruppo di giornalisti specializzati nell'analisi di casi particolarmente scottanti e mediaticamente rilevanti. Si chiamano Spotlight, per evidenziare la loro attitudine a concentrarsi su un singolo caso sul quale proiettano una luce molto intensa, proprio come fanno i faretti (gli spotlight, appunto). Nel 2001, il nuovo direttore chiede a Spotlight di osservare il fenomeno delle molestie sessuali dei preti cattolici nei confronti di bambini e bambine. Ci sono elementi che fanno presagire un pesante coinvolgimento delle alte sfere della città nell'insabbiamento di questi abusi e nella protezione dei colpevoli. Come è noto, la verità emergerà in tutta la sua ampiezza dopo qualche mese di inchieste, travolgendo la diocesi di Boston. I film di inchiesta sono difficili da realizzare, perché devono coniugare la realtà dei fatti raccontati, sempre molto complessa e problematica, con la storia di chi ha vissuto tale realtà. Si rischia di ottenere un documentario o, dall'altro estremo, di perdersi nei dettagli della storia dei personaggi. Anche questo film non è esente da difetti. La realtà è raccontata solo da un punto di vista, quello delle vittime e dei giornalisti, relegando i carnefici e i loro protettori a un ruolo apoditticamente negativo, senza presentare, se non in un solo caso, le ragioni del loro comportamento abietto. La storia si srotola nella redazione del giornale, puntando sul profilo operativo e anche psicologico dei membri di Spotlight, per dare azione e dinamicità al film, forse esagerando un po'. Ma complessivamente ci troviamo di fronte a un'opera di altissima levatura, con attori bravissimi e centrati sui personaggi, con una fotografia all'altezza della situazione e una musica di sottofondo che riesce a dare il ritmo all'azione quando serve.
  7. Lo chiamavano Jeeg Robot (27 febbraio 2016)
    Un ladruncolo, inseguito dalla polizia, si butta nel Tevere e acquista i superpoteri. Quando si accorge di questo camb iamento decide di usarli, nel bene e nel male, e si scontra con i veri cattivi, quelli che uccidono senza esitazione. Tutto accade in un tempo brevissimo, un eterno presente che richiede azione immediata, nessuna riflessione. In questo presente, il nostro supereroe, deve rapidamente cambiare la sua percezione del mondo, finora limitata a furti, budini alla vaniglia e film porno. Entra in scena una figura femminile, lui non sa come comportarsi con lei, un pazzo criminale e una lucida capobanda alla conquista di nuovi spazi in cui agire. Il presente incalza, i nuovi poteri sono enormi ma difficili da controllare e imprevedibili nelle loro conseguenze, Enzo si agita come un pesce all'amo. Alla fine capisce che il suo destino esiste, che non deve essere necessariamente un emarginato, uno sfortunato, ma che può diventare qualcuno, può salvare il mondo. Ma non può farlo come sé stesso: ha bisogno di una nuova identità, di una maschera che gli copra il viso: Jeeg Robot. Un film molto bello, equilibrato nelle sue tinte macabre e violente, semplice nei dialoghi e complesso nei contenuti. Un film che non ha paura di rivisitare un tema classico ampiamente trattato oltreoceano, con il coraggio di ambientarlo nel nostro Bronx, nella nostra Times Square, con i nostri dialetti e le nostre peculiarità. Stupenda, infine, la recitazione di Ilenia Pastorelli, nella parte di una giovane stralunata, vittima di una sordida violenza familiare.
  8. Room (5 marzo 2016)
    Jack e Ma' vivono reclusi in una stanza. Jack ha cinque anni, sua madre Ma' ne ha 25. Da sette anni Ma' è prigioniera di un orco che l'ha rapita, messa incinta e segregata. Non è dato sapere perché l'ha fatto. E' così e basta. Jack e Ma' riescono a uscire dalla stanza e il mondo li accoglie con la sua normalità, molto anormale per chi ha vissuto cinque anni in una stanza. Per entrambi sarà un percorso lento e difficile, di scoperta e di accettazione. Film che colpisce dritto allo stomaco, che non da tregua fino a rendere quasi impossibile la visione di una tale crudeltà. Ma poi la tensione si allenta e ci si ritrova a riflettere sul significato metaforico della stanza, della libertà recuperata, del mondo da scoprire. E ci si rende conto che siamo tutti in una stanza, chiusi in un recinto di idee, pregiudizi, ricatti e tormenti. Liberi di uscirne, questo sì, ma prigionieri di noi stessi. Allora si scopre che Jack non è solo "il figlio" ma è la ragione per andare avanti, per resistere, per accettare l'inaccettabile perché il futuro è sempre davanti che ci aspetta con le sue dolci promesse. Questa stessa ragione che darci la forza di uscire dalla nostra stanza e di continuare a vivere anche dopo. Perché il vero messaggio del film è questo: ci vuole forza per uscire, ma ce ne vuole molta di più dopo essere usciti.
  9. Ave, Cesare! (13 marzo 2016)
    Siamo a Hollywood, anni '50. Si girano le riprese di un film sul Cristo quando il protagonista principale, un centurione romano, viene rapito. La trama di questo film finisce qui, il resto è puro divertimento dei fratelli Coen che si tolgono il gusto di riproporre schemi e stili cinematografici che andavano di moda sessant'anni fa. Lo fanno con garbo, strappando qualche risata e qualche oh! di ammirazione. Anche George, il grande Clooney, si diverte ad andare in giro vestito da antico romano, con le sue incredibili smorfie e la camminata da grande star, degli anni '50 ovviamente. Il metacinema, il cinema sul cinema, è uno stile molto frequentato ma che richiede molta attenzione, perché rischia di essere melenso, autoriferito, retorico. I Coen lo interpretano con eleganza, con ironia e leggerezza, facendo rinascere momenti in cui andare al cinema era l'unica occasione per vedere il mondo dei ricchi, di quelli che sapevano ballare veramente bene, che si guardavano negli occhi e si dicevano frasi difficili ed emozionanti. Oggi il tritacarne della fiction, delle serie televisive e del montaggio rapido hanno trasformato il cinema, e tutto ciò che gli assomiglia, in un'appendice banale della nostra vita, da vedere possibilmente nel microscopico schermo di un telefono, in tram, in metropolitana. E allora gli sforzi dei Coen sono vani, come lacrime nella pioggia. E' tempo di andare a vedere l'ultimo episodio di House of Cards.
  10. Truth - Il prezzo della libertà (25 marzo 2016)
    Nel 2004 una giornalista della CBS (Mary Mapes) organizza una squadra per scoprire la verità su un episodio del giovane G. W. Bush, a quel tempo presidente degli Stati Uniti. Dan Rather le da fiducia e mette in onda una puntata di "60 minuti" in cui ricostruisce la vicenda, basata in gran parte su copie di vecchi documenti. Anziché essere il grande scoop è solo l'inizio di un inarrestabile processo mediatico sulla veridicità delle accuse al presidente, che si concluderà con l'addio al giornalismo di Dan Rather e al licenziamento di Mary Mapes. Film discontinuo, oscillante tra il giornalismo militante, alla ricerca di fonti attendibili, di incastri tra avvenimenti e documenti, sempre in volo da una parte all'altra della nazione, e la vita privata di una giornalista con i suoi problemi familiari, più o meno risolti. Vanderbilt cerca di volare alto ma poi cade proprio in ciò che vuole condannare, la verifica del carattere tipografico con cui è stato scritto il (falso) documento, argomento che prende quasi tutta la parte centrale della storia. Dopo aver visto questo film sappiamo qualcosa di più di Bush? No, lo vediamo solo per qualche minuto alla fine, parlare vittorioso alla televisione. Ci resta il sospetto che non sia andato in Vietnam per poi mandare i suoi soldati a morire in Iraq. Ma questo, alla fine, è il destino di chi comanda.
  11. Il condominio dei cuori infranti (9 aprile 2016)
    Periferia parigina. Condominio sfregiato da writer e corroso dal tempo. Vite solitarie. Incontri diffidenti e scontrosi. Cinema minimalista carico di emozioni e spunti di riflessione. Solidarietà.
  12. Le confessioni (22 aprile 2016)
    A una singolare riunione del G8 partecipano tre ospiti della società civile, il direttore muore. Sarà stato un suicidio o un omicidio? Il monaco certosino, invitato senza plausibili ragioni dal direttore, si trova al centro di un dilemma che attanaglia i membri del G8: attuare le misure draconiane già accettate prima della morte del direttore. Un film lento, a tratti teatrale, dominato dalla figura imponente di Servillo, il monaco, che sovrasta gli altri protagonisti con il suo saio e il suo silenzio. Molto è lasciato allo spettatore, riempire le pause e interpretare le frasi solenni pronunciate dal monaco. Non amo questo stile, che trasmette una sensazione di pigrizia del regista quasi come se il film lo debba girare chi lo vede, ma Andò è riuscito a farmene apprezzare le pause, le inquadrature della natura, i suoni e le finzioni. Per questo ho seguito con grande attenzione la storia di un monaco che tiene testa ai potenti, senza alcuna speranza di vincere una guerra ma con la certezza di averli fatti riflettere anche solo per un momento.
  13. La pazza gioia (19 maggio 2016)
    Beatrice e Donatella vivono a Villa Biondi, un istituto terapeutico per il recupero di donne che hanno commesso reati in condizioni che richiedono una terapia di recupero. Insomma, donne pazze. Le due riescono a scappare e vivono un paio di giorni alla ricerca dell'amante, della madre, del padre, del figlio. Nel frattempo combinano un sacco di guai. Se si adotta il loro punto di vista, il mondo è molto diverso da come lo percepiscono le persone cosiddette normali. È normale prendere soldi da un portafoglio che non ti appartiene, prendere in prestito un'automobile, mangiare a scrocco in un ristorante di lusso. Lo è perché c'è una buona ragione per farlo, perché l'azione è propedeutica al raggiungimento di un obiettivo, indipendentemente dalla morale che la considera socialmente errata. Anche la loro vita sembra normale, con scelte discutibili ma sempre in qualche modo giustificate. Ma la società non accetta queste persone, le esclude estremizzandole, chiudendole in recinti protetti, imbottendole di psicofarmaci. Virzì riesce con grande garbo a raccontarci la normalità di chi non è considerato normale, senza indulgere nel vittimismo rivestito di buonismo. I dialoghi sono sempre freschi, spontanei, in una recitazione ispirata ed emotivamente calda. Stupenda Micaela Ramazzotti, sempre coerente con il personaggio, molto difficile da rappresentare. Altrettanto brava Valeria Bruni Tedeschi, più a suo agio in Beatrice, logorroica e mitomane. Un film da ricordare, per ricordarsi che il confine tra la normalità e la pazzia è molto esile e facile da superare, spesso in una sola direzione, purtroppo.
  14. The Nice Guys (1 giugno 2016)
    Los Angeles. Due investigatori si trovano coinvolti in un caso di omicidio che nasconde un losco affare. Li aiuta Holly, la figlia tredicenne di Holland, che spesso interviene per risolvere situazioni critiche. Film che riprende ambientazioni e movimenti tipici di altri capolavori (L.A. Confidential, Black Magnolia) con un tocco più leggero, più scanzonato. I pugni volano, le pistole uccidono ma non c'è il sangue, la crudezza di Tarantino o di altri campioni dello splatter. Anche la trama, inizialmente nascosta, si srotola facilmente per rivelare la sua semplice improbabilità. I due, Crowe e Gosling, si divertono molto nelle azioni movimentate e nei dialoghi, partecipi del gioco che li vuole nemici ma indissolubili partner, al punto che fonderanno una nuova società di investigazioni, The Nice Guys, appunto.
  15. The Zero Theorem (8 luglio 2016)
    Qohen vive da alienato in un mondo incomprensibile. Aspetta una telefonata che dovrebbe spiegargli il senso della sua vita. Per non vivere a contatto con gli altri alienati che lo circondano accetta di affrontare una missione impossibile, dimostrare il teorema zero. Il resto della storia è così confuso che non è possibile raccontarlo oggettivamente. L'informatica ha pervaso la nostra società, trasformando modi di vivere e di agire che si ritenevano essere oramai stabilizzati. Qualcuno dice che non abbiamo più i calcolatori al nostro servizio ma che siamo noi ad essere diventati delle periferiche (abbastanza) intelligenti da svolgere compiti che le stesse macchine si rifiuterebbero di fare. Questa visione, portata all'estremo, produce film visionari che in alcuni casi appassionano e fanno riflettere. Non solo Blade Runner, con la sua premonizione sugli androidi e sull'impatto dell'intelligenza artificiale robotica sulla nostra vita quotidiana, ma anche Matrix, Minority Report e tanti altri capolavori che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia del cinema. In questo film manca tutto, i dialoghi ridotti a un vacuo cianciare pseudo filosofico ispirato a tutte le fonti possibili immaginabili, la scenografia a tratti puerile e scontata, i personaggi appiattiti su fragili macchiette senza identità, la trama inesistente e incoerente. Si salva lui, Christoph Waltz, magnifico nella caleidoscopica interpretazione di Qohen, teatrale spesso e ispirato sempre, e la musica protagonista delle (poche) scene che meritano di essere ricordate. Tutto il resto è vanità del regista.
  16. Jason Bourne (1 settembre 2016)
    Viveva nascosto nell'ombra in Grecia, pugile russo che si batte per denaro in incontri in cui si scommette tanto. Viene trovato e rimesso in gioco, attratto dalla possibilità di conoscere il suo passato e sapere chi è stato e perché è diventato James Bourne. Il resto della trama è irrilevante, una variante dell'intrigo e del complotto che mette a rischio la sicurezza modiale ma, soprattutto, quella degli Stati Uniti d'America. Film adrenalinico d'azione, girato nelle capitali d'Europa, con tante scene reali e non virtuali che fanno venire le vertigini per il realismo e la velocità di svolgimento. Poche parole, per fortuna, solo quelle necessarie alla comprensione degli assalti, delle trappole, degli inseguimenti e così via. Interessante il tema del deep web, delle reti sociali e dell'enorme valore che hanno per i servizi di sicurezza nazionale. Niente da dire su Matt Damon, il vero JB è sempre e solo lui.
  17. Café Society (30 settembre 2016)
    Bobby, un giovane ragazzo ebreo lascia la sua città natale, New York, per tentare la fortuna a Hollywood dove troverà l'amore nella donna della sua vita. Purtroppo per lui, questa donna deciderà di seguire un futuro più agiato in cui il ragazzo non ha posto. Tornato a New York, Bobby riuscirà a fare fortuna (dimostrando che non era necessario andare così lontano), a mettere su famiglia, fino a quando il passato gli si ripresenterà per saldare un conto lasciato in sospeso. Woody Allen è a suo agio in questa ambientazione anni 30, dominata da belle donne, belle case, musica jazz, successo e pettegolezzi. Lo dimostra raccontando storie che non hanno misteri, sorprese, ma che si snodano lievemente lungo percorsi noti e prevedibili. I suoi personaggi non decidono il loro destino ma lo incontrano vivendo, senza fare resistenza. "Anche nessuna risposta è una risposta", afferma la madre del ragazzo, impegnata con il marito in un dialogo surreale sulla morte e sul giusto atteggiamento da tenere verso questo inevitabile incontro. In un mondo finto, quello del Café Society, parte di una città vera e meravigliosa, New York, la musica ineguagliabile degli anni trenta ci fa sognare e apprezzare un grande interprete del nostro tempo. Grazie Woody.
  18. Deepwater - Inferno sull'oceano (8 ottobre 2016)
    Deepwater Horizon è una piattaforma semisommergibile per la prospezione petrolifera. In altre parole è un gigante che galleggia sull'acqua, mantenuto stabilmente fermo su un punto per mezzo di grandi rotori, collegato al fondo dell'oceano con un tubo lungo quasi due chilometri che scava alla ricerca di petrolio. Come ci si può aspettare, il funzionamento di questo mostro dipende da tecnologie complesse e personale altamente specializzato. Ma quando i tempi di prospezione si allungano più del previsto e i costi crescono oltre misura, la società petrolifera che lo possiede inizia a spazientirsi e a chiedere di fare in fretta. Con queste premesse, ci troviamo sulla piattaforma dove vediamo i primi segnali di una tragedia imminente e, poco dopo, il disastro. Un film molto importante da un punto di vista sociale, ottimamente girato con effetti speciali molto efficaci e ben interpretato. Purtroppo il risultato è al di sotto delle aspettative, per una complessiva mancanza di pathos, per la mancanza di personaggi che possano suscitare forte empatia, per il troppo tecnicismo utilizzato per spiegare gli avvenimenti.
  19. Inferno (14 ottobre 2016)
    Purtroppo gli psicopatici miliardari che vogliono distruggere l'umanità non accennano a diminuire e Ron Howard è costretto a richiamare al lavoro Tom Hanks per raccontarci la storia dell'ultimo avvistato a Firenze. Che poi questo signore, che risponde al nome di Bertrand Zobrist sia un appassionato di misteri medievali, rende tutto molto complicato e richiede anche la fantasia e la maestria di Dan Brown. Inutile dirlo, ma anche questa vicenda si conclude positivamente negli ultimi 5 secondi, come vuole il cinema hollywoodiano, con la dipartita dei cattivi e la gioia rilassata dei nostri eroi. Nel tentativo di raccontare una vicenda molto intricata, e ben narrata nel romanzo, Ron Howard deve fare i salti mortali, utilizzando una trama così arzigogolata da richiedere un'apposita parte del film dedicata alla sua spiegazione, lo "spiegone" in gergo cinematografico. Questo spiegone è così innaturale da rompere l'atmosfera infernale costruita fino ad allora, con qualche richiamo alle opere di Dario Argento, per accompagnare lo spettatore nei sentieri più prevedibili di Indiana Jones e delle sue avventure. Notevole e molto apprezzabile è invece l'ambientazione in una Firenze fantastica, in cui le opere d'arte splendono per dimensione e ricchezza espressiva, un tripudio al Rinascimento. Un film imperdibile per chi non vuole perdersi questo episodio di una serie molto speciale, da non consigliare agli altri.
  20. American Pastoral (20 ottobre 2016)
    Lui è lo Svedese, un uomo ricco, bello e molto fortunato. E' anche ebreo. Lei è Miss New Jersey, bella, determinata, moglie dello Svedese. Merry è la loro adorata figlia. Tanta luce nella prima parte del film, luce che illumina la nascita di un amore, la nascita di una figlia e i primi anni felici di una famiglia americana come tante. Ma nel frattempo l'America va in guerra in Vietnam, i neri si ribellano, la violenza si coagula e colpisce con le bombe, gli attentati, il terrore. Il germe della violenza si insinua nell'adolescenza di Merry, infettando la sua ribellione verso i genitori che tutti gli adolescenti devono vivere e superare per diventare adulti, con un virus letale, assassino, che l'allontana dall'amato padre e dall'invidiata madre. La seconda parte del film, colori sempre più cupi, scuri, ci mostra il destino di un uomo, quello vero, quello in cui essere nato con la camicia non aiuta, alla ricerca di una figlia perduta. Tanti anni fa, e chi li ha vissuti se li ricorda, gli anni di piombo sono stati veramente pesanti, tanti giovani che con noi volevano fare la cosa giusta per cambiare la società, per trovarsi invece dal lato sbagliato. Con loro c'erano altrettanti genitori, stupiti, increduli. La loro storia, le loro sofferenze non sono mai state raccontate. Philip Roth l'ha fatto, e di questo gliene siamo grati. Dimenticavo, com'è il film? Molto bello.
  21. Jack Reacher - Punto di non ritorno (22 ottobre 2016)
    Un ex maggiore dell'esercito americano scopre che una sua commilitona è accusata di tradimento. Per scagionarla ingaggia una guerra contro i cattivi che fanno i loro loschi affari, sotto una potente protezione ufficiale. C'è una ragazzina nella trama e il suo ruolo rappresenta l'unico aspetto originale di una storia già vista e rivista. Tom Cruise picchia e la sua commilitona picchia come lui, in una gara a chi è più macho e determinato. Anche la ragazzina si da da fare, ovviamente non picchia ma trova il modo lei di risolvere situazioni rischiose. Manca l'enfasi sui soliti gadget militari, oramai diventati normali, e gli effetti speciali sono discretamente usati per realizzare scene altrimenti impossibili da girare. Un film che non aggiunge niente ad altri della stessa tipologia, che imita serie televisive ben più avvincenti e fantasiose, da vedere solo perché ci piace Tom Cruise.
  22. I, Daniel Blake (29 ottobre 2016)
    Daniel Blake ha avuto un infarto e da quel momento deve interagire con la burocrazia britannica per ottenere un assegno di invalidità. Le sue vicende kafkiane sono un pretesto per affrontare il tema della povertà, dell'emarginazione, dell'ottusità della burocrazia. Il film scorre veloce, senza usare argomenti demagogici ma mostrando il lato umano di chi si trova a dover affrontare un'ordalia che non aveva previsto. Difficilmente traslabile nel contesto italiano, dove non esiste una vera assistenza alle persone senza lavoro, ci illumina su un futuro prossimo assai probabile.
  23. Sully (3 dicembre 2016)
    La storia di un incidente aereo, l'ammaraggio nel fiume Hudson di un Airbus della US Airways, trasforma Chesley Sullenberger (detto Sully) in un eroe nazionale. Ma prima di ottenere questo titolo, Sully deve attraversare le forche caudine del National Transportation Safety Board, che gli contesta la decisione di ammarare anziché provare ad atterrare a Newark o in un altro aeroporto vicino. Un film delicato e intenso che conferma la solidità della regia di Clint Eastwood e le straordinarie capacità recitative di Tom Hanks.

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