Recensioni cinematografiche del 2008

A cura di Vincenzo Ambriola

  1. Leoni per agnelli (9 gennaio 2008)
    Perché gli Stati Uniti sono in guerra con alcuni paesi mediorientali? Per rispondere a queste domande, Robert Redford propone un film dibattito in cui il tema di fondo è l'impegno sociale e le aspettative personali dell'individuo. Si può essere a favore o contro la guerra, l'importante è spiegare le ragioni della propria posizione. Alcuni personaggi ci riescono, altri un po' meno. Dal punto di vista tecnico, le scene d'azione in realtà virtuale sono proprio scadenti.
  2. Io sono leggenda (16 gennaio 2008)
    Se manca il coraggio di affrontare con fermezza un tema così difficile (lo sterminio della razza umana) allora è meglio lasciar perdere e fare film polizieschi o di azione. Dopo un inizio promettente, centrato sulla desolazione e sull'umana capacità di organizzarsi per sopravvivere, tutto scivola nel banale e nello scontato. Prova ne sono le molte incongruenze della sceneggiatura e la fine melodrammatica e fuori dalle righe.
  3. American gangster (23 gennaio 2008)
    Di un film fatto bene si cercano sempre i piccoli difetti, la ragione di una certa insoddisfazione provata durante la proiezione, quel qualcosa che non ti torna e che non riesci a mettere a fuoco. Io ho trovato una sorta di approvazione morale di ciò che faceva il gangster, spacciare droga pesante, poco contrastata da messaggi contrari. Anche l'analogia dello spaccio con i moderni sistemi di marketing mi ha dato fastidio, forse perché, in fondo, anch'io sono un drogato del consumismo.
  4. Sogni e delitti (6 febbraio 2008)
    Una storia normale, recitata con arte (ma doppiata malissimo), con una regia attenta e impeccabile non è sufficiente a fare di un film un'opera piacevole, da ricordare, anche se il regista è Woody Allen. Ciò che manca è il pathos, una visione metaforica del mondo, un pizzico di ironia e di tristezza. Sembra di assistere a una puntata di CSI Miami, quando l'anatomopatologo seziona la vittima, alla ricerca del proiettile. A qualcuno piace.
  5. La guerra di Charlie Wilson (20 febbraio 2008)
    La difesa degli interessi nazionali di un impero richiede decisioni che talvolta si riveleranno sbagliate. Accade così da millenni e gli Stati Uniti non ne sono esenti. Non basta la bravura di Tom Hanks, del regista e di tutti coloro che hanno lavorato per confezionare questo film, tecnicamente e stilisticamente ben fatto, per farci accettare l'idea che il destino di una nazione possa o debba essere deciso da un'altra nazione. Sarebbe stato meglio vedere la stessa storia dal punto di vista degli afgani.
  6. Non è un paese per vecchi (28 febbraio 2008)
    La guerra contro il crimine e gli psicopatici richiede forze giovani, capaci di capire il nuovo e di combatterlo ad armi pari. Quando il gioco si fa duro (scusatemi per l'ovvia citazione) i vecchi smettono di giocare. Film crudo, avvincente, ipnotico per la mancanza di musica e l'abbondanza di rumori.
  7. Prospettive di un delitto (5 marzo 2008)
    Riprendendo una tecnica già usata da Stanley Kubrick (Rapina a mano armata) Pete Travis ci presenta un altro attentato alla vita del Presidente degli Stati Uniti. Il risultato è deludente, nonostante la qualità delle riprese e la recitazione professionale del cast. Mentre Kubrick nasconde attentamente i dettagli che svelerebbero la rottura temporale, Travis addirittura usa un orologio in basso a sinistra e ci costringe a vedere e rivedere molte scene, spesso ripetendole senza nemmeno cambiare prospettiva.
  8. In amore niente regole (23 aprile 2008)
    L'idea di replicare in chiave moderna la commedia americana degli anni 40 era buona. Il risultato è gradevole, grazie soprattutto alla fantastica capacità espressiva di Clooney e nonostante la rigidità e l'inespressività di una Zellweger decisamente poco ispirata. Bella la ricostruzione storica, notevole la quantità e la varietà dei cappelli e dei berretti indossati dalle comparse.
  9. Il cavaliere oscuro (23 luglio 2008)
    Durante la proiezione della prima non si sentiva nessuno fiatare, anche i pop corn non facevano rumore. Alla fine, quando si sono accese le luci l'atmosfera si è rilassata, ognuno si guardava intorno, cercando conferma nelle facce degli altri, per essere sicuro di condividere la stessa impressione: "ragazzi, che film!". Dimenticatevi che è un fumetto, che è il solito blockbuster, che tanto sono solo effetti speciali, e cercate di capire quanto è grande il Joker che è dentro di voi.
  10. Burn after reading - A prova di spia (24 settembre 2008)
    Un film realizzato con lo stile e la classe che contraddistingue i fratelli Coen, la bravura e la professionalità di Pitt, Clooney e Malkovich. Il risultato è gradevole ma non lascia il segno, come per altre opere dei Coen. Degna di nota la versione apocrifa della CIA: cinismo e superficialità anziché patriottismo e precisione, come di solito siamo abituati a vedere.
  11. Hancock (1 ottobre 2008)
    Un film bifronte: nella prima parte un super-eroe con super-problemi, nella seconda una trama che vira nell'artificioso. Quello che manca è il coinvolgimento, nonostante l'impegno di WIll Smith e la professionalità del regista che si avvale con grande maestria delle tecniche di realtà virtuale. Non viene affrontato il tema della diversità, del rifiuto da parte della società, scivolando in un banale e trito problema di relazioni pubbliche.
  12. Quantum of Solace (12 novembre 2008)
    Ci manca Moneypenny, Q era già sparito in Casino Royale cedendo il posto a R, per fortuna M è sempre viva anche se non opera più dal suo ufficio ma è in giro per il mondo. James Bond sta cambiando, parla poco, non sa più cosa beve e confonde il pubblico con il privato. In compenso le scene di azione sono sempre più sincopate, le location fantastiche e le Bond lady bellissime.
  13. Nessuna verità (27 novembre 2008)
    Nessun Martini per l'agente segreto Ferris ma tante verità che si sovrappongono e si incastrano nell'inferno medio-orientale. Bel film sullo sporco mestiere delle spie, mezzemaniche e operativi, con la coppia Crowe e Di Caprio in doppia competizione: come attori e come protagonisti. Sugli aspetti politici e morali trattati è meglio non pronunciarsi, per non riaprire un lungo e complesso dibattito.

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